J’ACCUSE! CONTRO L’ASSEGNO DI INCLUSIONE E PER UN’ANALISI DEI SERVIZI SOCIALI DI PROSSIMITA’

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La storia che segue è un atto di accusa contro la misura dell’assegno d’inclusione introdotto dal governo Meloni in sostituzione al Reddito di Cittadinanza. È un atto di accusa che vuole anche spiegare tecnicamente perché questa misura è costruita ad hoc per mortificare le povertà e costringerle sempre di più alla marginalità. 

Partiamo da una premessa:

L’assegno di Inclusione come il reddito di cittadinanza viene erogato dall’INPS e dovrebbe essere destinato a persone a forte rischio esclusone e povertà in possesso di alcuni determinati criteri (molto più stringenti del precedente reddito di cittadinanza). Non vogliamo in questo scritto soffermarci sui criteri che reputiamo sbagliati ed escludenti (lo faremo nel prossimo mini-report sull’argomento) ma raccontarvi la storia di G. che rientrava nei criteri della misura e che ha dovuto aspettare sette mesi prima di poter accedere a questo sussidio.

Vogliamo precisare che l’assegno di inclusione per essere erogato dopo aver soddisfatto i requisiti dell’INPS necessità di validazione da parte dei servizi sociali di zona e/o dei servizi sanitari. Questi due enti utilizzano due diverse piattaforme rispetto a quella dell’INPS con la quale dovrebbero per dialogare (la questione delle piattaforme digitali è un pezzo fondamentale del discorso e dopo capirete perché). Una volta validate le pratiche dai servizi sociali e/o sanitari l’INPS procede all’attivazione della misura. Per il mantenimento della stessa è poi necessaria una verifica periodica da parte dei servizi sociali volta a verificare lo stato di avanzamento del percorso di autonomia dell’individuo (secondo criteri non chiari né definiti e spesso non adatti a chi è portatore di forte vulnerabilità sociali). Ogni passaggio vede dei check sulle varie piattaforme che, se non eseguiti per tempo, portano alla sospensione diretta del beneficio economico. 

Dopo questa piccola premessa tecnica andiamo alla storia di G. Conosciamo G. da molti anni. Da oltre vent’anni senza fissa dimora, con gravi problemi di salute (un’invalidità del 50%), operato più volte allo stomaco e con tutti i traumi e le fragilità che una vita randagia porta con se quando praticata per anni ed anni. Per G. il reddito di cittadinanza aveva significato un piccolo reddito con cui era riuscito addirittura a fittare una piccola stanza ed a pagarsi i presidi sanitari che gli avevano restituito una buona autonomia di movimento. 

Nel mese di novembre lo chiamiamo a sportello per spiegargli che andava presentata questa nuova domanda per evitare di perdere tutto quanto aveva conquistato in questi ultimi due anni. Fatti tutti gli adempimenti presentiamo la domanda. I tempi di lavorazione dovevano garantire una risposta per gennaio ma fino ad inizio febbraio 2024 la sua pratica risultava ancora in istruttoria. Questo perché semplicemente la sua situazione di fortemente vulnerabile necessitava di una validazione attraverso una piattaforma che i Comuni a gennaio 2024 non avevano ancora ne disponibile ne facilmente funzionante. Basti pensare che le prime linee guida per la certificazione delle vulnerabilità per l’ottenimento dell’assegno di inclusione vengono dal ministero inviate ai Comuni il 29 Dicembre (quando dal 1 gennaio sapevano benissimo che le persone si sarebbero trovate senza alcun paracadute economico). Poi sono state pubblicate in modo più chiaro ad Aprile 2024, poi aggiornate a Maggio 2024 e infine redatte in modo definitivo a Luglio 2024. A Gennaio 2024 neanche il sito ufficiale della misura Assegno d’Inclusione era ancora disponibile. Gli Enti locali quindi, che dovevano validare i percorsi di inclusione solo da poche settimane hanno avuto chiarimenti che chiedevano da mesi come sottolineato più volte dall’Ordine degli Assistenti Sociali.

Per questo motivo, nonostante G. fosse ben conosciuto dai servizi sociali, la sua domanda viene respinta a metà febbraio e nonostante fosse stata allegata alla domanda una certificazione di vulnerabilità redatta proprio dai servizi sociali. Rifacciamo quindi la domanda a fine Febbraio 2024 con una nuova certificazione redatta sempre dai servizi sociali comunali. Nel frattempo, G. ha perso la sua stanza in affitto e nel mese di Marzo viene ricoverato per un’operazione urgente. Dimesso, viene collocato dai servizi sociali in una struttura di ricovero per anziani per la sua convalescenza. Guadagniamo così un mese di tempo. Specifico che da Gennaio 2024 ogni sua spesa di ricarica telefonica, un minimo di sigarette e cose di prima necessità viene sostenuta dalla nostra associazione mentre la mensa della Caritas provvede ai pasti. Ad aprile termina il suo periodo nella struttura sanitaria da cui riusciamo ad ottenere un periodo di altri venti giorni cuscinetto in attesa della buona notizia dell’accoglimento della domanda. A fine marzo la sua domanda risulta però respinta per mancanza di certificazione di vulnerabilità da parte del comune. Eppure, la certificazione era stata fatta, ma non era stata recepita dalla piattaforma. Facciamo ricorso e contestualmente presentiamo un’altra domanda. Altri 30 giorni di attesa e nel frattempo collochiamo G. all’interno di una delle sedi della nostra associazione. A Luglio 2024 la domanda risulta ancora sospesa per mancanza di verifica comunale. Chiediamo al comune di intervenire contattando direttamente l’INPS ma il dirigente dell’Ufficio non ritiene che sia una sua responsabilità un passaggio del genere. Assieme all’assistente sociale allora raccogliamo la documentazione e andiamo a fare pressione sull’INPS provinciale anche grazie alla rete costruita negli anni con una dipendente dell’INPS locale e con alcuni dirigenti. E’ bene specificare che da gennaio ad luglio siamo stati all’INPS circa 8 volte per G. 

Nel mese di luglio prenotiamo tutti gli appuntamenti della settimana decisi a non fare più nessun passo indietro. Finalmente la dirigente dell’INPS contatta i Servizi Sociali del Comune e trovano una soluzione sulla piattaforma anche utilizzando le famose linee guida finalmente pubblicate con le modalità operative. Il 28 luglio G. ritira il suo assegno di inclusione dopo quasi 8 mesi di attesa.

Un po’ di considerazioni sull’accaduto: 

    • Il ministero ha mandato i comuni, i servizi sanitari e l’INPS allo sbaraglio senza modalità operative per oltre 4 mesi e senza proporre alcun corso operativo reale per la gestione della piattaforma fino a Maggio 2024;

 

  • I controlli con le piattaforme digitali di fatto riducono gli assistenti sociali a meri operatori digitali. Il loro nobile compito era di portare l’istituzione all’interno dei luoghi marginali mentre ora sono costretti ad impiegare il loro tempo a compilare le finestre di queste piattaforme ed a certificare percorsi autonomia che però sui territori non esistono realmente in un susseguirsi di incontri e report in cui però c’è purtroppo poco da dire. I problemi della casa e del lavoro sono infatti enormi sul nostro territorio dove non esistono neanche dormitori facilmente accessibili (in tutta l’area nolana un solo dormitorio con pochi posti e di difficile accesso);

 

  • G. è riuscito ad ottenere la sua carta perché ha avuto una rete di volontari che ha lavorato per lui con un impegno enorme (solo le giornate di accompagnamento all’INPS sono più di 50 ore di impegno volontario). A questo va aggiunto l’impegno continuo di accoglienza, supporto nelle attività quotidiane e nell’evitare che la depressione lo spingesse ad abbandonare il tutto per tornare ad elemosinare in strada;
  • G. ha avuto la possibilità di essere ospitato dalla nostra associazione gratuitamente e seguito anche da altre realtà come la mensa della Caritas. Tutta questa rete è però informale e non istituzionale. Nei territori dove percorsi del genere non esistono cosa accade? Chi interviene?
  • G. ha avuto la fortuna di avere un’assistente sociale che non lo ha abbandonato e che non si è limitata solo a ciò che prevedeva il suo compito ma ha cercato di venire a capo di questa situazione dedicandogli tempo fuori l’orario di lavoro e ascolto e facendo rete con la nostra realtà sociale. Noi che seguiamo tanti comuni nell’area vesuviana sappiamo bene come il livello empatico ed umano degli uffici sia spesso non all’altezza delle emergenze che bisogna fronteggiare e dei reali contesti di vita quotidiana.
  1. Nella sua disgrazia è stato fortunato. Ma tutte e tutti gli altri? Davvero può dipendere solo dalla fortuna l’accesso a un diritto? Le notizie che arrivano dall’INPS stessa vedono tantissime persone nella sua stessa condizione. 

Ed ora arriviamo a noi, che fare di fronte a tutto ciò? Sicuramente occorre spingere perché tutte le realtà sociali territoriali che abbiamo incontrato in questi anni e che sappiamo condividono una visione del mondo in cui nessuno venga lasciato indietro inizino a strutturare dei percorsi di sportello e di intervento reale uscendo dall’ottica delle “parole giuste” per entrare in quella delle “azioni giuste”. Diviene poi quantomai urgente strutturare un tavolo per le vulnerabilità che veda la presenza dei comuni, delle strutture sanitarie e dell’INPS assieme alle associazioni che come noi si occupano di tutela dei diritti per poter strutturare delle prassi che salvaguardino innanzitutto la vita delle persone e poi l’espletamento delle procedure digitali che devono essere un supporto pratico e non il primo ostacolo da superare per migliorare la propria condizione di vita.

 

Scisciano, 04/08/2024

Lo Sportello Diritti

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